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  • Immagine del redattoreAlessandro Borgonovo

“Face to face” (17/07/2020)

Caro Lettore, come promesso eccomi qui a parlare delle difficoltà di comunicazione scaturite dalla adozione della mascherina protettiva. Ormai sono mesi che adottiamo questo presidio tanto osannato quanto denigrato: su questo argomento si è letto tutto ed il contrario di tutto (come sempre). La maggior parte della popolazione credo si sia ormai abituata ad indossarla sia che sia “di comunità” (definizione ridicola) piuttosto che di tipo chirurgico: molti ancora però sono restii ad utilizzarla adducendo scuse del tipo: “non mi fa respirare”, oppure “da quando metto la mascherina ho sempre il fiatone” piuttosto che “mi sento soffocare quando la indosso”. Probabilmente per molti sarà così, per molti altri una banale scusa per non indossarla.

Se non ho letto male, oltre 50 nazioni nel mondo la indossano al momento: questo ha fatto si che si siano scritti fiumi di parole in diverse lingue. Come è caratteristico del COVID-period che stiamo vivendo, molti sostengono addirittura che faccia male alla salute, altri dicono che invece è fondamentale per evitare l’estinzione della razza umana. Quello di cui invece voglio parlare io è la difficoltà di comunicazione, verbale e non, che la maschera ha introdotto nelle relazioni sociali.

Semplificando, non me ne vogliano gli esperti del settore, nella comunicazione ci sono genericamente due componenti principali, quella verbale e quella non verbale (data dalle nostre espressioni ed atteggiamenti e dalla postura del corpo).

Noi non ci facciamo mai caso: in tempi COVID-free due persone che parlano tra di loro decodificano in modo automatico le espressioni del volto che alle volte dicono molto di più del messaggio verbale. Al che mi sono quindi chiesto: ma non potendo più vedere la maggior parte delle espressioni del mio interlocutore, come e quanto riesco realmente a recepire di quello che mi vuol dire o comunicare? Se ci pensi un attimo Caro Lettore, nel mondo migliaia di donne storicamente indossano per altre motivazioni (di solito religiose) un velo che copre parte o l’intero viso: mi chiedo ma quanto sarà efficace la loro comunicazione? Soprattutto per quanto riguarda la regione della bocca, leggevo che è molto espressiva e che aiuta molto nella interpretazione di quanto ci viene detto.

Un interessante articolo faceva notare come il nascondere questa area del nostro viso renda più difficile ad esempio apparire amichevole o simpatico. Devo dire però che nel quotidiano la difficoltà che ho notato essere maggiormente presente è quasi esclusivamente di tipo “audio”: spesso (soprattutto negli anziani) è difficile stabilire una comunicazione efficace perché i due interlocutori non si sentono e non vedendo nemmeno il labiale la comunicazione diventa veramente difficoltosa.

Un aggravante è sicuramente il fatto che se non conosciamo la persona che abbiamo di fronte non abbiamo uno “storico” delle sue espressioni correlate con il suo modulo comunicativo; uno storico che sicuramente ci aiuterebbe nella comprensione dei messaggi.

Di certo poi, le barriere di plexiglass che sono state posizionate soprattutto negli esercizi pubblici, non aiutano: quindi cosa ci rimane da fare? Sicuramente lo stare più attenti allo sguardo e a come si gesticola. Da degente ho notato come lo sguardo dei sanitari (gli occhi erano l’unica parte visibile) fosse da un lato un po’ poco comunicativo, ma dall’altro denotava un certo impegno della persona nel cercare di comunicare al meglio con me. Non so spiegarlo esattamente: probabilmente anche loro stessi si rendevano conto che esisteva (ed esiste) una oggettiva difficoltà nello scambio di informazioni, compensando magari con qualche battuta ironica nel tentativo di superare questo ostacolo.

Ammetto che sin all’inizio di tutta questa vicenda la mancanza della mimica facciale mi ha un po’ spiazzato. Un aiuto invece ci arriva dalla nostra nazionalità: gli italiani sono noti nel mondo per essere un popolo di persone che gesticolano (in modo efficace) moltissimo: possiamo quindi sfruttare questa abilità per compensare l’assenza di altri segni.

Addirittura, qualcuno (DHH Project un’idea americana) ha creato delle mascherine con una parte in plastica trasparente in corrispondenza della bocca proprio per facilitare la lettura del labiale da parte di persone anziane o diversamente abili. Un’ottima iniziativa, che però non mi sembra abbia avuto grande diffusione. Sono venuto però a conoscenza che in Italia un certo quantitativo è stato donato all’ENS (Ente Nazionale Sordomuti). Il vero pericolo secondo me risiede invece da un’altra parte: una conseguenza della difficoltà di comunicazione, che ho visto verificarsi in diverse occasioni, è quella dettata dal gesto automatico di togliersi la mascherina (a volte con rabbia) durante una conversazione per cercare di farci capire meglio da chi ci sta ascoltando. Gesto che ovviamente va contro l’obbligo di assicurarsi una protezione proprio nel momento di maggiore bisogno (soprattutto se ci si dimentica del distanziamento magari presi dalla foga della discussione). Detto questo, forse un utile consiglio che posso darti sempre come psicologo da strada quale sono, è quello di usare più parole durante la conversazione e fare più domande per cercare di raccogliere più informazioni su quanto ti viene detto.

Caro Lettore, e anche oggi siamo arrivati alla fine di questo nuovo capitolo. Come ormai da tradizione l’unica cosa che posso dirti è “stay tuned”.



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